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Personal branding, nessuna sanzione dell’AGCM per Davide Caiazzo
Il procedimento aperto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nei confronti di Davide Caiazzo si è concluso senza alcuna sanzione. Il professionista, noto nel settore del personal branding e fondatore della DC Academy, considerato l’imprenditore più seguito su LinkedIn in Italia, era stato coinvolto in una delle istruttorie avviate dall’Autorità nel luglio 2024 per presunte pratiche commerciali scorrette nell’ambito della promozione online di servizi formativi e consulenziali.
Caiazzo ha visto chiudere il procedimento a suo carico senza che venisse accertata alcuna infrazione. L’AGCM ha infatti ritenuto sufficienti e risolutive le misure correttive volontariamente proposte dal professionista, divenute vincolanti con la delibera del 28 maggio 2025. Stessa sorte per gli altri professionisti coinvolti nell’istruttoria dell’Autorità Luca Marani, Alessandro Berton, Hamza Mourai. Esito differente invece per Luca De Stefani e Michele Leka sanzionati con multe rispettivamente di 60.000 e 5.000 euro per aver diffuso messaggi ritenuti ingannevoli e aggressivi, promettendo guadagni certi senza adeguata trasparenza sui costi e facendo leva sull’urgenza delle offerte.
LinkedIn ha superato il miliardo di iscritti a livello globale e raggiunge oltre il 30% degli utenti internet italiani, con più di 23 milioni di profili registrati e circa 6 milioni di utenti attivi mensilmente nel nostro Paese. In questo ecosistema ogni messaggio ha un potere comunicativo altissimo: bastano pochi minuti perché un contenuto raggiunga migliaia di professionisti, clienti e colleghi. Per questo, chi opera nella formazione e nella consulenza ha il dovere – ma anche l’opportunità – di comunicare con trasparenza, equilibrio e accuratezza.
Davide Caiazzo ha colto con senso di responsabilità l’occasione per rafforzare ulteriormente la qualità della propria comunicazione: non come reazione passiva, ma come gesto proattivo di maturità professionale. Il suo percorso si conferma così espressione di una leadership positiva, attenta al rapporto con gli utenti e alla fiducia del mercato.
In un tempo in cui la visibilità si misura in secondi e il successo si costruisce (o si sgretola) a colpi di click, questa scelta rappresenta non solo una risposta puntuale alle richieste dell’Autorità, ma un esempio di buona fede e di attenzione concreta al consumatore digitale.
Nel dettaglio, gli impegni assunti da Caiazzo prevedono un rafforzamento della trasparenza nella comunicazione, una chiara distinzione tra contenuti informativi e promozionali, un’informazione più completa e accessibile sui costi dei servizi offerti, la rimozione di affermazioni non verificabili e l’adozione di criteri più rigorosi nella pubblicazione delle testimonianze dei clienti.
Il caso riaccende inevitabilmente i riflettori sul ruolo dell’online marketing e su quanto, in un contesto in cui l’autopromozione è spesso spinta al limite, basti poco per finire nel mirino delle autorità o nel giudizio sommario della rete.
La vicenda Caiazzo è, in questo senso, paradigmatica. Un’indagine chiusa senza sanzioni può comunque generare un danno reputazionale, tanto più se alimentata da un’eco mediatica sproporzionata. I social, oggi, sono strumenti potentissimi per costruire visibilità e successo, ma altrettanto rapidi – e talvolta implacabili – nel decretare la disfatta. Un equilibrio fragile, dove la percezione può precedere i fatti, e dove il “calderone” mediatico rischia di confondere le distinzioni tra chi ha davvero violato le regole e chi no.
In attesa della piena attuazione degli impegni – che dovrà essere comunicata entro sessanta giorni – resta il monito per un intero settore: trasparenza, correttezza e consapevolezza dell’impatto delle parole online non sono più solo una buona pratica, ma una condizione necessaria per operare senza inciampi legali o reputazionali.
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