Più trasparenza in gioielleria: quando adocchiamo un anello o un bracciale dobbiamo poter valutare con chiarezza la qualità dei monili e il relativo prezzo, come accade per tutti gli altri prodotti in vendita. A reclamare la tracciabilità delle gemme è un
disegno di legge presentato in Senato (n.2830/2017) che mira a introdurre norme più stringenti a tutela di produttori e consumatori, in un settore con un giro d’affari di 4 miliardi e mezzo di euro, ma che risente ancora di troppe lacune nella regolamentazione. Ecco cosa si richiede.
Lotta agli abusivi. La proposta di legge persegue diversi obiettivi: anzitutto migliorare la qualificazione professionale degli ‘addetti ai lavori’. Poi reprimere il mercato sommerso, colpendo i comportamenti scorretti o illeciti degli operatori ufficiali. Il comparto gioielleria è ancora una ‘giungla’ priva di regole chiare: “Nel settore vige un quadro d’insufficiente regolamentazione, con il rischio di pressapochismo, confusione e improvvisazione”, si legge nella relazione introduttiva al testo. “È necessaria dunque trasparenza del mercato e specializzazione degli addetti lungo tutta la filiera per consentire al made in Italy di riconquistare il suo appeal”.
Luccica, ma è davvero oro? Gli ideatori inoltre, puntano a tutelare i consumatori permettendo loro di conoscere la natura delle gemme, e renderle tracciabili. La proposta di legge obbliga i produttori a render noto il trattamento cui sono stati sottoposti i monili, chiarendo anche gli eventuali rischi che nel tempo possono mutarne le caratteristiche. S’introduce poi una precisa denominazione tipica che consenta di distinguere la provenienza delle pietre (naturali, trattate, sintetiche, di coltura e artificiali), per aiutare i consumatori a orientarsi nella miriade di articoli in vendita, vincolante anche per antiquari e vendite a distanza.
L’identikit delle gemme. Se il cliente lo richiederà, il venditore dovrà rilasciare una dichiarazione con le caratteristiche del prodotto, obbligatoria in caso di acquisti sopra i 1.000 euro, o in caso di vendite a distanza e al di fuori dei locali commerciali. La natura dei materiali gemmologici sarà certificata da laboratori indipendenti e qualificati iscritti in appositi elenchi. Guai a rilasciare certificazioni senza averne titolo: il disegno di legge punisce i trasgressori con pene severe, previste anche per chi vende gioielli con informazioni diverse da quelle previste, o chi si rifiuta di rilasciare la dichiarazione di origine. Le sanzioni sono addirittura moltiplicate per dieci in caso di vendite a distanza. L’importazione di gemme dall’estero è consentita, purché si rispettino le norme a tutela del consumatore.
Il disegno di legge istituisce infine un elenco nazionale degli importatori e dei produttori di materiali gemmologici, tenuto dal ministero dello Sviluppo economico. Questi ultimi hanno l'obbligo di indicare, nei documenti di accompagnamento e nelle fatture di vendita, la provenienza dei monili. Ogni singola pietra di valore superiore a 250 euro dovrà essere da essi confezionata e accompagnata da una certificazione di qualità, pena il divieto d’importazione e vendita in Italia.
Un settore, molte potenzialità. Il mercato italiano – si legge nel testo - costituisce il principale polo mondiale per la lavorazione di gemme tagliate (Valenza Po, Vicenza, Arezzo, Caserta) e il valore delle esportazioni raggiunge il 70% per un giro d'affari di 4.562 milioni di euro. Un patrimonio di storia, tradizione, gusto, arte e design. Di recente, inoltre, le gemme si vanno affermando come ‘bene-rifugio’, sostengono i proponenti, e aumenta il numero dei clienti che le richiede accompagnate da un certificato d'analisi. A oggi infatti, gran parte dei prodotti sono venduti senza alcuna certificazione di qualità.
Il disegno di legge è stato accolto con parziale favore da Federpreziosi, associazione di categoria delle imprese orafe gioielliere argentiere e orologiaie, facente capo a Confcommercio: “Una normativa volta a garantire un adeguato grado di tutela e informazione al consumatore non potrà che essere di sostegno alla crescita del settore gioielliero italiano” fa sapere in una nota. Tuttavia l’associazione suggerisce di accantonare il testo, per ammodernare e rimettere in discussione viceversa una vecchia proposta di legge (n. 4814 del marzo 2004) su cui il settore aveva già raggiunto la piena intesa.
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