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Costi aggiuntivi al ristorante: sono legali?

Andare al ristorante è un'esperienza che dovrebbe essere piacevole, ma può capitare di trovarsi davanti a costi aggiuntivi inaspettati. Alcuni ristoranti applicano sovrapprezzi per servizi come il coperto, l’acqua in bottiglia o persino il servizio al tavolo. È legale applicare questi costi? La risposta varia a seconda delle normative regionali e delle condizioni specificate nel menu. Tuttavia, la regola principale è che il cliente deve essere informato in modo trasparente dei costi prima di effettuare l’ordine. Il ruolo del menu e della trasparenza Secondo la normativa italiana, i ristoranti devono esporre in modo chiaro i prezzi dei piatti e dei servizi offerti. Questo include qualsiasi eventuale costo extra, come il coperto o il servizio. Se il cliente non è avvisato chiaramente , tali costi potrebbero essere considerati ingiustificati e il cliente avrebbe il diritto di contestarli. È quindi fondamentale che il menu sia preciso e trasparente , senza ambiguità, così da evitare

Burocrazia e tribunali: 10 miliardi bloccati


La burocrazia rallenta l’economia di questo Paese. Sull’opinione sono d’accordo molti consumatori italiani, che negli anni hanno assistito a diverse problematiche a riprova di questo giudizio. Abbiamo conosciuto il problema dei debiti della PA, per cui molte aziende vincitrici ed esecutrici di appalti non hanno ancora ricevuto il corrispettivo per il loro lavoro, e nell’era Covid-19 abbiamo potuto constatare come molti aiuti previsti dal governo rimangano poi impantanati tra gli ingranaggi della macchina statale. 

Il problema si interseca con quello della lentezza dei processi: i tribunali - chiamati ad accertare un rapporto economico o a rendere reperibili dal creditore debiti finora non riscossi - impiegano tanto tempo da danneggiare irrimediabilmente chi non riesce a trovarsi nella disponibilità di grosse somme di denaro per via di mancato pagamento

Un esempio? Ci sono almeno 10 milioni di euro bloccati su conti correnti bancari a seguito del solo parziale espletamento di procedure di recupero dei crediti. Sono le «somme derivanti dalle vendite relative alle esecuzioni immobiliari e ai fallimenti, che non sono state ancora oggetto di distribuzione del ceto creditorio» spiega Sergio Bommarito, Presidente di Fire, società che opera proprio nella gestione del credito.

Le misure per fronteggiare la pandemia hanno portato ad una timida accelerazione di questi processi. I tribunali di Milano, Bergamo, Brindisi e Catania hanno spinto l’esecuzione tramite delle circolari apposite, facendo seguito anche a quanto disposto dal governo: i processi dichiarati urgenti che potrebbero danneggiare le parti, infatti, sono stati esplicitamente esclusi da quelli sospesi causa coronavirus

Bommarito suggerisce dunque una interpretazione estensiva di tale norma, e non solo: è possibile oliare questo processo già da subito, evadendo definitivamente le pratiche già in fase distributiva. «Con i modelli processuali della trattazione scritta o delle udienze da remoto - spiega il presidente di Fire - accelerare di fatto la distribuzione dei ricavati dalle vendite e mettere in circolo una consistente porzione di liquidità che consentirebbe certamente ad aziende private, enti pubblici e ai creditori di continuare ad operare».

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