La notizia del fallimento di Mercatone Uno è arrivato come un fulmine a ciel sereno per i 1800 dipendenti che hanno perso il proprio posto di lavoro e per i clienti che si sono affidati al mobilificio italiano (si parla di 3,8 milioni di euro di acconti versati da 20.000 consumatori).
Per gli oltre ventimila consumatori che hanno versato una quota senza ricevere nessun mobile le speranze di riavere indietro quanto versato si fanno via via più tenui. A coloro che, dopo aver versato lo stesso, erano in attesa della consegna, si presentano solo due strade percorribili.
Domenico Romito, legale e presidente di Avvocati dei Consumatori, osserva che molto dipenderà dalle intenzioni del curatore fallimentare, per cui gli «se il bene acquistato era già presente in magazzino ed era in corso di consegna la curatela potrebbe avere interesse a consegnarlo e incassare il saldo del prezzo».
Se invece il mobile non si trova già in magazzino la situazione si complica, in quanto «in quel caso l'unica cosa da fare è chiedere l'insinuazione al passivo delle somme versate che però avendo ad oggetto un credito chirografario presenta ben poche possibilità di incasso». Ma anche se la merce fosse stoccata in magazzino il curatore fallimentare potrebbe scegliere di non onorare i contratti e bloccare tutto. Una scelta che sarebbe difficile spiegare ai consumatori inferociti.
Sulla garanzia invece, per quanto sia ancora valida per molti, bisogna distinguere tra quella legale (a carico del produttore) e quella commerciale (a carico del venditore), per cui nel primo caso è possibile rivalersi, nel secondo invece «se si tratta di prodotto di importazione e, come si verifica spesso in questi grandi store, il venditore è anche importatore, il consumatore potrà agire solo nei confronti della curatela con i conseguenti difficoltà a farla valere».
Per quanto riguarda le vie legali invece è possibile presentare un esposto all’autorità giudiziaria per insolvenza fraudolenta. Secondo Romito «se gli amministratori hanno (specie nell'ultimo periodo) mantenuto l'apertura dei negozi e continuato a vendere oggetti a prezzi molto bassi per incassare gli acconti pur nella consapevolezza che non sarebbero stati consegnati e neppure ordinati al fornitore, ci sarebbero dei profili penalmente rilevanti».
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