Fonte: laRepubblica.it
La raccolta porta a porta potrebbe estendersi anche agli oli esausti, quel che rimane cioè delle nostre fritture e che molti continuano a gettare nel lavandino, causando danni all’ambiente e un aggravio di costi per la gestione di tubature e depuratori.
Il consorzio che si occupa della filiera degli oli esausti Conoe ha infatti raggiunto un accordo con l’Anci per mettere in piedi una raccolta domestica capillare sui territori. I primi Comuni potrebbero cominciare già dal gennaio 2019. È presto per sapere con precisione quali «ma è probabile che si parta da quei Comuni costieri che già organizzano una raccolta di prossimità, seppure solo nella stagione estiva», spiega Tommaso Campanile, presidente del Consorzio. I costi del servizio verrebbero condivisi tra le aziende socie del Conoe, quelle che utilizzeranno il prodotto finale (Eni, ad esempio), e i Comuni stessi.
Oggi nella maggior parte dei comuni italiani è possibile portare il proprio olio da cucina usato nelle isole ecologiche. Ma la raccolta porta a porta è un’altra cosa, e i dati sulla raccolta differenziata sono lì a testimoniarlo: laddove si è abbandonato il conferimento su strada a favore di questa modalità, le percentuali di rifiuti raccolti sono aumentate. «Gli italiani non sono ancora abituati al conferimento nell’isola ecologica, ecco perché un servizio a domicilio, o un mezzo mobile che stazioni nei quartieri a orari prestabiliti, aiuterà ad aumentare le percentuali di raccolta» continua Campanile.
In Italia usiamo circa 25 chili di olio vegetale a testa ogni anno. Ad oggi circa un quarto di questo scarto viene raccolto in modo corretto: 72.000 tonnellate su 260.000. Ma è anche vero che stiamo facendo progressi costanti nella raccolta degli oli esausti: molto è stato fatto dal 2010, quando la quota di oli smaltiti è stata di 43.000 tonnellate.
Il 90% dello scarto raccolto nel 2017 è stato utilizzato per la produzione di biodiesel. Ma con questo olio si può anche ottenere la glicerina che viene utilizzata per le creme. Se Conoe riuscisse a vincere la sfida, infatti, i vantaggi sarebbero per tutto il Paese. Secondo l’analisi del consorzio, solo nel 2017 abbiamo risparmiato circa 21 milioni di euro grazie alle importazioni di prodotti petroliferi che siamo riusciti a evitare. E se tutto lo scarto venisse convertito in biodiesel il risparmio sarebbe di 112 milioni di euro l’anno (considerando un prezzo di 82 dollari al barile).
E poi ci sono i vantaggi ambientali. L’olio esausto non è pericoloso per la salute dell’uomo ma se finisce sul suolo può fare molti danni. Si stima che un chilo di olio vegetale esausto sia in grado di distribuirsi in modo uniforme fino a ricoprire una superficie di 1000 chilometri quadrati. Sul suolo, questo olio lascia un film sottile che rende la terra impermeabile e incapace, quindi, di nutrirsi. Se finisce nei pozzi d’acqua il rischio è che li renda inutilizzabili.
Secondo i dati del Conoe ogni tonnellata di biodiesel prodotta da oli esausti che sostituisce il diesel fossile equivale a oltre 3 tonnellate di anidride carbonica in meno in atmosfera. E se la raccolta di questi scarti si attestasse al 100% il risparmio potenziale sarebbe di 732.000 tonnellate in meno in atmosfera.
Commenti
Posta un commento