Nuova puntata dell'affaire Nappynat. Dopo Consumerismo, Huffington Post e Repubblica, ne scrive anche il noto quotidiano online, Linkiesta.it.
#Pannolini, un hashtag apparentemente banale che però appassiona assai più di #Trump, #Renzi e #iusSoli, almeno nei blog e nei siti che si occupano di nascite e maternità. Ultimamente a farla da padrone nella Rete è il caso sollevato da alcune mamme e finito persino all’attenzione di un settimanale diffusissimo come Il Venerdì di Repubblica. Le mamme sembrano pronte alla guerra: “Diciamo no ai pannolini illegali che danneggiano l’ambiente”. Pare uno spot pubblicitario ambientalista invece è il grido di allarme lanciato per l’ultimo caso di pubblicità ingannevole: pannolini venduti come «100% naturali», «compostabili» e «biodegradabili» senza esserlo, poiché contengono materie plastiche e non possono quindi essere smaltiti nell’organico.
Ma per capire meglio la vicenda, facciamo un passo indietro.
Nel dicembre 2016, Nappynat, nota marca di pannolini e prodotti per bambini riconducibile alla Olive Srl di Prato, è stata multata dall’Agcm(Agenzia garante per la concorrenza e il mercato) per pubblicità ingannevole. L’Autorità ha infatti voluto punire la condotta dell’azienda per la diffusione, attraverso le confezioni dei prodotti e i siti internet
www.nappynat.com e
www.nappynat.it, messaggi pubblicitari scorretti e non corrispondenti al vero per promuovere i propri pannolini. I pannolini presentati come naturali e ecocompatibili, infatti, sono risultati privi delle caratteristiche di “biodegradabilità”, “compostabilità”, e “batteriostaticità”. È stata smentita inoltre anche l’origine naturale delle materie prime impiegate, “non affatto riconducibile a tali prodotti”.
Alla Olive Srl , che non è stata in grado di produrre un’esauriente documentazione tecnica e di certificazione, è stata quindi vietata la “diffusione” e “continuazione” della pratica commerciale scorretta e comminata una multa di 35mila euro. L’azienda ha poi fatto ricorso al Tar del Lazio, che lo ha respinto, dichiarandolo inammissibile.
Intanto però i pannolini “illegali” sono ancora in vendita sugli scaffali dei supermercati e sui siti di e-commerce. Una delle mamme, Marta, chiede aiuto ai forum per denunciare l’azienda “perché sono ancora in vendita questi pannolini tutta pubblicità e poca sostanza”. Un’altra mamma, Veronica, invece ha mostrato preoccupazione per la sua bambina: “Dopo aver provato Nappynat non ne sono rimasto entusiasta anche perché la mia bimba ha avuto una reazione cutanea”. Simona, un’altra madre, pensa all’ambiente: “Sulla confezione c'era scritto che sono 100% naturali e compostabili, ma in realtà non lo sono. Altro che "ecologici"! Immaginate che danno all'ambiente”.
Durissimo l’articolo di denuncia del Venerdì di Repubblica che, raccontando la rivolta delle mamme, ha recentemente titolato: “Pubblicità ingannevole. Vietati i pannolini eco che eco non sono”. Per contro, assai debole – quasi un’ammissione di responsabilità - la difesa dell’azienda, per voce dell’avvocato Giuseppe Consolo, che ha spiegato così la permanenza delle confezioni incriminate negli ipermercati italiani: «Forse stanno smaltendo le scorte, la nuova dizione è già stata presentata».
Ammesso che sia vero, aziende come Nappynat stiano attente: la mamma sarà sempre la mamma, ma non va fatta arrabbiare.
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